L' Ascensore

APPARATO IDRAULICO. Il moderno ascensore idraulico, o oleodinamico, potrebbe essere definito anche elettroidraulico, perché la fonte di energia cui è connesso è comunque sempre la rete elettrica.

Apparato idraulico degli ascensori - Villa Ascensori Senago Milano

L’impianto idraulico ha un circuito chiuso ad olio, il fluido viene inviato tramite una pompa elettrica dal serbatoio nella centralina posta nel locale macchina ad un cilindro posto nel vano ascensore: la sua pressione produce il movimento ascensionale della cabina connessa al pistone che a sua volta scorre nel cilindro; la discesa della cabina si ottiene poi aprendo la valvola di discesa: il fluido, e con esso la cabina, scende per effetto della forza di gravità in modo controllato nuovamente nel serbatoio.
Dopo che la cabina si arresta al piano, viene mantenuta ferma grazie alla presenza nel circuito idraulico di una valvola di non ritorno, che consente il passaggio dell’olio esclusivamente nella direzione di salita. La cabina ed il pistone si muovono in linea retta verticale scorrendo sulle stesse guide. In fase di avvicinamento al piano di arrivo il sistema di valvole produce generalmente il passaggio dalla velocità normale a quella di rallentamento, circa 5 volte minore, con un accettabile confort e precisione di livellazione della cabina al piano.
Il locale macchina può non essere adiacente al vano ascensore, anche se va considerato che nel tubo, ove l’olio passa dalla centralina al pistone e viceversa, avviene una caduta di pressione per attrito degli organi meccanici sulle guide; perciò vi sono limiti di distanza. Questa tubazione può essere di tipo metallico rigido, o di tipo flessibile, e deve essere ispezionabile in ogni punto.

Sicurezza

Una saracinesca, che isola il tubo di mandata dell’olio dalla centralina, permettendo ai tecnici di poter lavorare in sicurezza sul gruppo valvole; una valvola di sovrappressione, che blocca l’impianto se il valore della pressione recepito dalla valvola supera i valori prefissati; una valvola di caduta, che oggi è quella di blocco connessa al cilindro (in passato erano valvole limitatrici di flusso, che consentivano una discesa controllata della cabina). La valvola di blocco ha importante scopo di arrestare l’eventuale caduta della cabina, dovuta ad esempio ad una forte perdita di olio dal cilindro, ed è quindi un componente di sicurezza certificato ai fini della direttiva 95/16/Ce.
Qualora la cabina stazionasse a porte aperte ad un piano (ciò che per altro il regolamento vieta, ma può accadere per errore), e si abbassasse lentamente per effetto di perdite idrauliche, o per sensibili variazioni termiche che modificano il volume del fluido, occorre garantire che, percorso un certo tratto considerato non pericoloso (al più la zona di bloccaggio di 20 cm già vista nel descrivere il funzionamento delle porte di piano), si attivi un meccanismo di sicurezza.

Sistema antideriva

Negli ascensori italiani in genere questo è un sistema antideriva elettrico, cioè viene riattivato brevemente il motore per riportare la cabina in alto al giusto livello, questa azione viene chiamata in gergo “ripescaggio”.
La norma prevede la possibilità d utilizzare altri sistemi, quali il dispositivo a morsa o a tacchetti, di scarso uso però negli impianti di fabbricazione italiana. Il motore della pompa è un semplice asincrono trifase con rotore in cortocircuito, normalmente con due poli, prescelto appunto perché, al variare del carico, ha una velocità di rotazione piuttosto uniforme, di 3000 giri/minuto.
Negli ascensori idraulici questo motore si avvia praticamente a vuoto, per cui la corrente di spunto è circa pari a quella di regime; per altro, non disponendo normalmente l’impianto di una massa di bilanciamento, all’avvio in salita è comunque richiesta una corrente di spunto piuttosto elevata.
La pompa è di tipo volumetrico, in modo che la sua portata non sia significativamente influenzata dalla pressione; generalmente si tratta di una pompa a viti, in modo che il flusso del liquido sia piuttosto regolare e non presenti pulsazioni.
La centralina è dotata inoltre di una pompa a mano che consente, quando indispensabile, di spostare manualmente (e lentamente!) la cabina verso l’alto.

ARGANO A TRAZIONE DIRETTA. Gli ascensori elettrici tradizionali, detti anche a fune, possono essere suddivisi a loro volta in diverse tipologie; quelli più comuni con trazione diretta, detti a frizione.

L'argano a trazione diretta degli ascensori - Villa Ascensori Senago Milano

In un locale macchine posto alla sommità del vano ascensore è installato un argano (cioè un motore elettrico connesso ad un riduttore meccanico, avendo in comune l’albero veloce).
La puleggia connessa all’albero lento dell’argano trascina per attrito (frizione) un sistema di funi cui sono fissate da una parte la cabina e dall’altra il contrappeso, entrambi posti nel vano.
Le funi attraversano la soletta portante del locale macchine tramite appositi fori praticativi.
Sia la cabina che il contrappeso si muovono verticalmente nel vano scorrendo su due coppie di guide metalliche.
Generalmente il riduttore è con accoppiamento a vite senza fine e corona elicoidale, posti in una cassa in fusione di ghisa.

Sempre nella tipologia degli ascensori elettrici a frizione esistono impianti con trazione indiretta, specie quando la portata è notevole; in questo caso le arcate della cabina e del contrappeso sono assai più complesse; ad esempio le funi partono da un capo fune fissato in soletta, passano sotto una o più pulegge facenti parte dell’arcata del contrappeso, e infine sono fissate ad un altro capo fisso in soletta.
In questo modo, per il principio della taglia, la cabina, a parità di potenza, si muove a metà velocità, ma viene sollevato un carico doppio. Con lo stesso principio potrebbe essere sollevato anche un carico quadruplo.
Il motore dell’ascensore elettrico tradizionale è a corrente alternata, di tipo asincrono trifase (più esattamente a induzione trifase a campo rotante), con uno o due avvolgimenti multipolari. In generale non è un normale motore industriale, ma è costruito per questo uso specifico.
La scelta del motore asincrono fu dovuta, alle origini, ai costi elevati dei motori a corrente continua, utilizzati quindi solo in impianti ad alta velocità, ed al fatto che, tra i motori in alternata, quelli sincroni non si possono avviare da soli, se non eccitati da una corrente continua che non è disponibile in rete; al contrario l’asincrono è robusto, poco costoso, e non richiede manutenzione.

Sempre facendo riferimento alla tecnologia tradizionale, un motore del genere si muove con una sola velocità, in quanto la sua velocità sincrona si ottiene moltiplicando per 60 la frequenza di rete (che è fissa in Italia a 50 Hz), e dividendo per un altro numero fisso, dato dalle caratteristiche costruttive, cioè il numero di poli; il motore accelera quasi istantaneamente a questo valore, e non è in grado di rallentare in modo controllato.
Questa velocità è abbastanza costante al variare del carico com’è richiesto in un ascensore, anche se per esattezza la velocità effettiva non coincide con quella sincrona, ma è a pari a quest’ultima diminuita di un valore proporzionale al cosiddetto scorrimento. Questo parametro a sua volta è in qualche misura influenzato dal carico, ma a regime non in modo rilevante.
Per ridurre la corrente richiesta all’avviamento, il motore viene realizzato con rotore in corto circuito, essendo in disuso da tempo la soluzione ad anelli.

Rendimento energetico 

Per le sue caratteristiche costruttive, il rendimento energetico di questo motore non è ideale in quanto il suo fattore di potenza(sfasamento o cosj) assume valori a regime di 0.7 – 0.8 soltanto.

L’ascensore italiano tipico degli anni ’50 e ’60 viaggiava a velocità piuttosto limitata (non oltre 0.85 m/s), quanto permesso per regolare la decelerazione al piano; si spegneva quando si avvicinava al piano di arrivo e veniva frenato da un freno a ceppi elettromeccanico che interveniva subito dopo sul tamburo dell’argano stesso. Questo diffuso, ma rozzo sistema, non garantiva un buon comfort nella decelerazione e determinava una notevole usura dell’argano; inoltre la precisione della livellazione al piano era piuttosto approssimativa, legata al variare del carico e della temperatura ambiente; tciò era considerato accettabile e lo è tuttora nei vecchi edifici.
Questa elementare tecnologia è stata poi superata utilizzando motori a doppio avvolgimento. La presenza del numero di poli p, al denominatore della formula che calcola la velocità del motore, fa si che, all’aumentare del numero dei poli, la velocità diminuisca in proporzione.
All’avvicinarsi del piano d’arrivo, l’alimentazione veniva commutata all’avvolgimento con maggior numero di poli che determinava una velocità minore di avvicinamento al piano, circa quattro volte inferiore alla normale (0.15 – 0.2 m/s), ed il freno interveniva sul tamburo poco dopo, in modo meno traumatico in quanto la velocità era già stata rallentata.

L'argano a trazione diretta degli ascensori - Villa Ascensori Senago Milano

In un locale macchine posto alla sommità del vano ascensore è installato un argano (cioè un motore elettrico connesso ad un riduttore meccanico, avendo in comune l’albero veloce).
La puleggia connessa all’albero lento dell’argano trascina per attrito (frizione) un sistema di funi cui sono fissate da una parte la cabina e dall’altra il contrappeso, entrambi posti nel vano. Le funi attraversano la soletta portante del locale macchine tramite appositi fori praticativi. Sia la cabina che il contrappeso si muovono verticalmente nel vano scorrendo su due coppie di guide metalliche. Generalmente il riduttore è con accoppiamento a vite senza fine e corona elicoidale, posti in una cassa in fusione di ghisa.

Sempre nella tipologia degli ascensori elettrici a frizione esistono impianti con trazione indiretta, specie quando la portata è notevole; in questo caso le arcate della cabina e del contrappeso sono assai più complesse; ad esempio le funi partono da un capo fune fissato in soletta, passano sotto una o più pulegge facenti parte dell’arcata del contrappeso, e infine sono fissate ad un altro capo fisso in soletta.
In questo modo, per il principio della taglia, la cabina, a parità di potenza, si muove a metà velocità, ma viene sollevato un carico doppio. Con lo stesso principio potrebbe essere sollevato anche un carico quadruplo.
Il motore dell’ascensore elettrico tradizionale è a corrente alternata, di tipo asincrono trifase (più esattamente a induzione trifase a campo rotante), con uno o due avvolgimenti multipolari. In generale non è un normale motore industriale, ma è costruito per questo uso specifico. La scelta del motore asincrono fu dovuta, alle origini, ai costi elevati dei motori a corrente continua, utilizzati quindi solo in impianti ad alta velocità, ed al fatto che, tra i motori in alternata, quelli sincroni non si possono avviare da soli, se non eccitati da una corrente continua che non è disponibile in rete; al contrario l’asincrono è robusto, poco costoso, e non richiede manutenzione.

Sempre facendo riferimento alla tecnologia tradizionale, un motore del genere si muove con una sola velocità, in quanto la sua velocità sincrona si ottiene moltiplicando per 60 la frequenza di rete (che è fissa in Italia a 50 Hz), e dividendo per un altro numero fisso, dato dalle caratteristiche costruttive, cioè il numero di poli; il motore accelera quasi istantaneamente a questo valore, e non è in grado di rallentare in modo controllato.
Questa velocità è abbastanza costante al variare del carico com’è richiesto in un ascensore, anche se per esattezza la velocità effettiva non coincide con quella sincrona, ma è a pari a quest’ultima diminuita di un valore proporzionale al cosiddetto scorrimento. Questo parametro a sua volta è in qualche misura influenzato dal carico, ma a regime non in modo rilevante. Per ridurre la corrente richiesta all’avviamento, il motore viene realizzato con rotore in corto circuito, essendo in disuso da tempo la soluzione ad anelli.

Rendimento energetico 

Per le sue caratteristiche costruttive, il rendimento energetico di questo motore non è ideale in quanto il suo fattore di potenza(sfasamento o cosj) assume valori a regime di 0.7 – 0.8 soltanto.

L’ascensore italiano tipico degli anni ’50 e ’60 viaggiava a velocità piuttosto limitata (non oltre 0.85 m/s), quanto permesso per regolare la decelerazione al piano; si spegneva quando si avvicinava al piano di arrivo e veniva frenato da un freno a ceppi elettromeccanico che interveniva subito dopo sul tamburo dell’argano stesso. Questo diffuso, ma rozzo sistema, non garantiva un buon comfort nella decelerazione e determinava una notevole usura dell’argano; inoltre la precisione della livellazione al piano era piuttosto approssimativa, legata al variare del carico e della temperatura ambiente; tciò era considerato accettabile e lo è tuttora nei vecchi edifici.
Questa elementare tecnologia è stata poi superata utilizzando motori a doppio avvolgimento. La presenza del numero di poli p, al denominatore della formula che calcola la velocità del motore, fa si che, all’aumentare del numero dei poli, la velocità diminuisca in proporzione. All’avvicinarsi del piano d’arrivo, l’alimentazione veniva commutata all’avvolgimento con maggior numero di poli che determinava una velocità minore di avvicinamento al piano, circa quattro volte inferiore alla normale (0.15 – 0.2 m/s), ed il freno interveniva sul tamburo poco dopo, in modo meno traumatico in quanto la velocità era già stata rallentata.

CABINA. La cabina altro non è che quel componente mobile in cui si introducono gli utenti per essere trasportati verticalmente dall’ascensore.

La cabina degli ascensori - Villa Ascensori Senago Milano

Molti profani ritengono che la cabina coincida di fatto con l’ascensore.
Gli ascensori moderni sono generalmente caratterizzati da una cabina metallica a forma di parallelepipedo, anche se in alcuni casi le pareti possono essere costruite da lastre di vetro di sicurezza, e/o avere forme più fantasiose.
Le pareti della cabina poi possono essere rivestite in vari materiali, metallici o meno, comunque sempre ignifughi, eventualmente anche legno trattato in modo particolare.
Le cabine di minor pregio, peraltro notevolmente diffuse nel mercato italiano, hanno pareti semplicemente costruite in acciaio preverniciato o prerivestito con pellicole plastiche colorate; devono comunque presentare una resistenza meccanica sufficiente per evitare la deformazione, resistenza stabilita dalla norma.

La cabina degli ascensori - Villa Ascensori Senago Milano
Molti profani ritengono che la cabina coincida di fatto con l’ascensore.
Gli ascensori moderni sono generalmente caratterizzati da una cabina metallica a forma di parallelepipedo, anche se in alcuni casi le pareti possono essere costruite da lastre di vetro di sicurezza, e/o avere forme più fantasiose.
Le pareti della cabina poi possono essere rivestite in vari materiali, metallici o meno, comunque sempre ignifughi, eventualmente anche legno trattato in modo particolare.
Le cabine di minor pregio, peraltro notevolmente diffuse nel mercato italiano, hanno pareti semplicemente costruite in acciaio preverniciato o prerivestito con pellicole plastiche colorate; devono comunque presentare una resistenza meccanica sufficiente per evitare la deformazione, resistenza stabilita dalla norma.

L’altezza interna della cabina deve essere maggiore di due metri, così come il suo accesso (o i suoi accessi, che possono essere fino a tre); tutti gli accessi devono essere dotati di porte. Sul tetto della cabina può essere presente, ma non è obbligatoria, una botola di soccorso. È invece obbligatoria la presenza di una ventilazione naturale, con aperture almeno pari all’1 % della superficie della cabina.

Occorre predisporre nella cabina un'illuminazione permanente in grado di garantire la giusta intensità e quantità di luce in qualunque punto dei comandi dell'ascensore del pavimento (almeno 50 lux).
Per la sicurezza dei passeggeri, è inoltre obbligatoria la presenza di un sistema d'illuminazione di emergenza in modo da garantire il funzionamento di almeno una lampada da 1 W per un’ora.

La norma EN 81-1 e 2 impone un dato rapporto tra superficie della cabina, portata in Kg e capienza, cioè numero di persone trasportabili, con lo scopo di evitare pericolosi sovraccarichi.
La nuova norma EN 81-70, per l’accessibilità in sicurezza degli ascensori ai disabili, stabilisce a questo scopo una armonizzazione delle dimensioni di cabina sul mercato europeo.

L’altezza interna della cabina deve essere maggiore di due metri, così come il suo accesso (o i suoi accessi, che possono essere fino a tre); tutti gli accessi devono essere dotati di porte. Sul tetto della cabina può essere presente, ma non è obbligatoria, una botola di soccorso. È invece obbligatoria la presenza di una ventilazione naturale, con aperture almeno pari all’1 % della superficie della cabina.

Occorre predisporre nella cabina un'illuminazione permanente in grado di garantire la giusta intensità e quantità di luce in qualunque punto dei comandi dell'ascensore del pavimento (almeno 50 lux).
Per la sicurezza dei passeggeri, è inoltre obbligatoria la presenza di un sistema d'illuminazione di emergenza in modo da garantire il funzionamento di almeno una lampada da 1 W per un’ora.

La norma EN 81-1 e 2 impone un dato rapporto tra superficie della cabina, portata in Kg e capienza, cioè numero di persone trasportabili, con lo scopo di evitare pericolosi sovraccarichi.
La nuova norma EN 81-70, per l’accessibilità in sicurezza degli ascensori ai disabili, stabilisce a questo scopo una armonizzazione delle dimensioni di cabina sul mercato europeo.

GRUPPI DI MANOVRA. Il quadro di manovra è un dispositivo fisico che rappresenta il cuore del sistema di manovra, posto normalmente nel locale macchine.

Gruppi di manovra nel locale macchine - Villa Ascensori Senago Milano

Il gruppo di manovra riceve i comandi espressi mediante la pressione dei pulsanti ai piani e in cabina, alimenta il motore dell’impianto nella direzione voluta fino al piano desiderato, dopo avere controllato che tutte le sicurezze sono chiuse.
La maggior parte degli ascensori in Italia funziona con la logica elementare, detta manovra universale (automatic push button control: APB), secondo questa l’ascensore si può trovare solo in due stati: libero o occupato.

Se l’ascensore è libero, risponde immediatamente al comando dell’utente espresso attraverso la pressione dell’unico pulsante disponibile ad ogni piano, o di uno dei pulsanti di piano disponibili in cabina.
L’ascensore è invece occupato quando sta già soddisfacendo un comando ricevuto.
In questo caso è indisponibile a soddisfare qualunque altro comando, non memorizza neppure gli ordini nel frattempo ricevuti; esprime questo stato attraverso il segnale rosso di “occupato” a tutti i piani.

Gruppi di manovra nel locale macchine - Villa Ascensori Senago Milano

Il gruppo di manovra riceve i comandi espressi mediante la pressione dei pulsanti ai piani e in cabina, alimenta il motore dell’impianto nella direzione voluta fino al piano desiderato, dopo avere controllato che tutte le sicurezze sono chiuse.
La maggior parte degli ascensori in Italia funziona con la logica elementare, detta manovra universale (automatic push button control: APB), secondo questa l’ascensore si può trovare solo in due stati: libero o occupato.

In cabina la persona sa per certo che l’impianto è occupato quando la cabina è in movimento: in quello stato non accetterà altri comandi. Finita la corsa, dopo qualche secondo, l’ascensore torna disponibile per un nuovo comando. Quando l’ascensore è libero e la cabina è ferma ad un piano, a quel piano compare la segnalazione verde di “presente”, mentre agli altri piani non è segnalato nulla.

Non vi è alcuna segnalazione obbligatoria in cabina.
In questo tipo di manovra possono sì comparire anche altre segnalazioni, ma tutto questo non cambia la logica elementare del sistema. Questa logica è irrazionale, in quanto impedisce di gestire in modo ottimale le corse della cabina e le moltiplica a parità di servizio offerto, aumentando i tempi di attesa dell’utente e i consumi energetici.

La ragione del suo successo è economica: il costo di altri tipi di manovra era ingiustificato dalla clientela e quindi dal costruttore edile. Di fatto, nei tipici edifici residenziali italiani, il traffico verticale è sufficientemente ridotto, in modo che l’uso della manovra universale non crea effettivi disagi all’utente, in edifici adibiti ad altro uso, come alberghi o uffici, sarebbe da evitare.

Se l’ascensore è libero, risponde immediatamente al comando dell’utente espresso attraverso la pressione dell’unico pulsante disponibile ad ogni piano, o di uno dei pulsanti di piano disponibili in cabina.
L’ascensore è invece occupato quando sta già soddisfacendo un comando ricevuto. In questo caso è indisponibile a soddisfare qualunque altro comando, non memorizza neppure gli ordini nel frattempo ricevuti; esprime questo stato attraverso il segnale rosso di “occupato” a tutti i piani.

In cabina la persona sa per certo che l’impianto è occupato quando la cabina è in movimento: in quello stato non accetterà altri comandi. Finita la corsa, dopo qualche secondo, l’ascensore torna disponibile per un nuovo comando. Quando l’ascensore è libero e la cabina è ferma ad un piano, a quel piano compare la segnalazione verde di “presente”, mentre agli altri piani non è segnalato nulla.

Non vi è alcuna segnalazione obbligatoria in cabina. In questo tipo di manovra possono sì comparire anche altre segnalazioni, ma tutto questo non cambia la logica elementare del sistema. Questa logica è irrazionale, in quanto impedisce di gestire in modo ottimale le corse della cabina e le moltiplica a parità di servizio offerto, aumentando i tempi di attesa dell’utente e i consumi energetici.

La ragione del suo successo è economica: il costo di altri tipi di manovra era ingiustificato dalla clientela e quindi dal costruttore edile. Di fatto, nei tipici edifici residenziali italiani, il traffico verticale è sufficientemente ridotto, in modo che l’uso della manovra universale non crea effettivi disagi all’utente, in edifici adibiti ad altro uso, come alberghi o uffici, sarebbe da evitare.

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